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L'obbligo per i genitore di concorrere al mantenimento dei figli perdura sino alla loro indipendenza economica

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Data pubblicazione

 

Il telegiornale, tutte le sere, ci ricorda le difficoltà che incontrano i giovani ad inserirsi nel mercato del lavoro.

Stage non retributi, contratti a progetto o a tempo determinato, oppure ancora master e specializzazioni da frequentare per arricchire il proprio curriculum e sperare in un'offerta di lavoro più appetibile e corrispondente al proprio profilo professionale: per un giovane, oggi, l'età in cui conquistare, finalmente, l'agognata indipendenza economica slitta sempre di più.

Questa situazione, oltre che i diretti interessati, riguarda anche i loro genitori che - sempre più spesso - dovranno farsi carico del mantenimento dei figli più a lungo rispetto a quanto era accaduto loro.

Fermo restando l'amore genitoriale, l'obbligo di mantenimento dei figli può portare a situazioni di accentuata conflittualità fra i coniugi (o ex coniugi) quando si tratta di farvi fronte mediante la corresponsione di un assegno, nell'ammontare che è stato determinato dal Giudice all'esito del giudizio di separazione o divorzio. 

Sul punto, la Suprema Corte ha precisato che tale obbligo non si esaurisce automaticamente al compimento della maggiore età del figlio, nè alla conclusione del suo percorso scolastico, bensì prosegue sino alla sua effettiva indipendenza economica.

"L'obbligo dei genitori di concorrere al mantenimento dei figli, secondo le regole degli artt. 147 e 148 c.c., non cessa, "ipso facto", con il raggiungimento della maggiore età da parte di questi ultimi, ma perdura, immutato, finché il genitore interessato alla declaratoria della cessazione dell'obbligo stesso non dia la prova che il figlio ha raggiunto l'indipendenza economica, ovvero che il mancato svolgimento di un'attività economica dipende da un atteggiamento di inerzia ovvero di rifiuto ingiustificato dello stesso " (Cass. civ. Sez. I, 26.09.2011, n. 19589 , in , , , , CED Cassazione, 2011).
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Avv. Pietro Lucchini
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